Insonnia: ipnotipi, cronotipi, costi sociali ed economici. Perché non è considerata una malattia
L’insonnia è considerata un problema sanitario emergente. Perché è sottovalutata? Ci sono specifici cronotipi e ipnotipi?
Storicamente, l’insonnia è stata considerata un sintomo anziché un disturbo. Si tratta di un fenomeno complesso in cui interagiscono aspetti culturali, rappresentazione sociale della malattia e, soprattutto, l’associazione con i disturbi mentali
Un primo fenomeno che bisogna indicare è la diminuzione complessiva del sonno a partire dalla rivoluzione industriale e dall’introduzione dell’energia elettrica, che si stima abbia condotto a una decurtazione media di circa due ore.
Più in generale la cultura implicitamente dominante tende a collocare il sonno tra i bisogni “opzionali”, con una conseguente propensione a scegliere stili di vita e abitudini che contribuiscono a ridurre il numero di ore di sonno. Usualmente si fa vanto di dormire molto poco. Anche per questo riscontriamo più facilmente “brevi dormitori”.
In apparente controtendenza potrebbe sembrare il nuovo fenomeno dell’ortosomnia che certamente indica una rinnovata attenzione al sonno. Più del 20% dei possessori di smartphone ha un’app per il monitoraggio del fitness e/o del sonno. Se questa disponibilità può aiutare al riconoscimento di alcune specifiche patologie del sonno, dall’altra può indurre un’attenzione spasmodica al “sonno ideale” o con l’utilizzo inappropriato di questi strumenti1.
Tra le conseguenze più importanti del mancato riconoscimento dell’insonnia come malattia, troviamo che più della metà dei pazienti tende a non riferire il disturbo al proprio medico curante. Un’indagine del 19972, su un campione rappresentativo della popolazione generale italiana costituito da 10.000 soggetti, ha confermato la tendenza a non comunicare al medico il problema dell’insonnia anche quando frequente, poiché non gli si attribuiva la qualifica di malattia considerandolo alla stregua di una caratteristica personale; anche quando si affrontava il problema, ci si rivolgeva al medico di famiglia spesso nell’ambito di una consultazione per altri disturbi.
I dati internazionali vanno nella stessa direzione, con uno studio dell’OMS che ha indicato che meno del 50% degli insonni viene identificato dal proprio medico di famiglia e altre indagini hanno confermato che il non riconoscimento dell’insonnia si approssima ai due terzi dei pazienti che ne sono affetti3. Un altro studio rappresentativo è quello tedesco secondo cui solo il 17% delle persone sofferenti di insonnia da meno di 2 anni e il 49% di quelle con una più lunga durata di malattia, consultavano il medico curante per questo problema4.
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, quando parliamo di cronotipi5 ci riferiamo al normotipo tipico dell’animale circadiano diurno che presenta le migliori performance durante il giorno e l’aumento del bisogno di sonno nelle ore notturne.
Ai due estremi ci sono due tipologie cronobiologiche: rispettivamente con fase avanzata o ritardata, chiamati “mattutini” o “serotini” o nel linguaggio popolare allodole e gufi. Tutto ciò non è solo una preferenza, ma corrisponde a tutta una serie di correlati biologici che vanno a caratterizzare il fatto che i mattutini funzionano meglio nelle prime ore del giorno, mentre i serotini funzionano meglio nelle ore serali. Si ha poi un’altra distinzione in funzione della durata media del sonno, ossia i normodormitori che hanno bisogno di una durata del sonno media di 7.5 ore, poi ci sono i brevi e i lunghi dormitori, che rispettivamente hanno bisogno per tendenza biologica di meno di 6 ore e di oltre 9 ore per trarre un ristoro completo dal sonno. Questi ipnotipi hanno anche un consistente contributo dei fattori genetici6.
Quanto è diffusa l’insonnia a livello globale e in Italia? A che età si manifesta?
L’insonnia è un disturbo molto prevalente nella popolazione generale, con marcati picchi in relazione all’età avanzata e al genere femminile. I dati illustrati delineano un quadro di prevalenza elevata ma molto variabile che non dipende tanto da differenze tra i diversi Paesi ma piuttosto dal criterio utilizzato per la definizione di disturbo da insonnia. Trattandosi di studi eseguiti in massima parte senza diagnosi standardizzata, ma con strumenti auto-riferiti dei partecipanti alle indagini, le percentuali di prevalenza riflettono i criteri più o meno stretti per la definizione clinica del disturbo.
Innanzitutto, bisogna distinguere la prevalenza dell’insonnia acuta e dell’insonnia cronica che rimandano a percentuali diverse7. Si definisce “insonnia acuta” quella con una durata inferiore ai tre mesi e “insonnia cronica” quella con durata superiore ai tre mesi fino a tutta la vita. Per la forma a breve termine, la forbice nei diversi studi epidemiologici oscilla fino al 30% della popolazione, intendendo individui che almeno una volta nel corso della loro vita hanno sofferto di insonnia; la forbice dell’insonnia cronica che è una vera e propria patologia, oscilla dal 10% al 15%. Queste percentuali sono in ogni caso orientative, perché strettamente legate alle modalità con cui sono stati raccolti i dati epidemiologici.
L’Italia rispetto al resto del mondo non presenta una sostanziale differenza8, siamo intorno al 10%-15% per l’insonnia cronica, dunque dai 6 ai 9 milioni di individui, da 1 italiano su 10 a circa 1 italiano su 7. L’insonnia può manifestarsi a qualsiasi età, dando per scontato che ne esistono forme diverse da quella infantile a quella dell’adulto, ci sono fasce in cui però diventa più prevalente come nell’anziano9, nella donna e nel corso della menopausa10.
Possiamo dire che l’insonnia è un disturbo senza età e che quella infantile presenta caratteristiche in parte diverse da quelle dell’adulto. Non esiste un profilo del/della paziente insonne o quanto meno non ancora perché ancora non è stata identificata una fenotipizzazione completamente validata dell’insonnia, ossia non è stato individuato attualmente un profilo o profili standard convincenti. Si distinguono, al momento, pazienti con insonnia primaria e pazienti con insonnia secondaria. Inoltre, distinguiamo pazienti con insonni di inizio (i.e., difficoltà di addormentamento), di mantenimento (i.e., con elevata frammentazione del sonno) e da risveglio anticipato, anche se alcuni pazienti possono presentare tutte e tre queste forme contemporaneamente.
Quali sono le conseguenze sociali ed economiche dell’insonnia? Quali altri aspetti del funzionamento diurno possono essere influenzati?
Ormai diversi studi internazionali (purtroppo non ne disponiamo di italiani) indicano che le conseguenze dirette o indirette dell’insonnia hanno anche elevati costi sociali ed economici.
Le indagini attualmente disponibili in Australia, Canada, USA, UK e Germania indicano che i costi diretti e indiretti sono collocabili in una forbice tra 1-3% del PIL di questi Stati. Se possibile questi dati vanno ancora più rivalutati all’interno del contributo significativo, ma di difficile quantificazione, che l’insonnia ha nell’incidentistica stradale.
Quali sono, se ci sono, i fattori di rischio per questa patologia? Si parla spesso di igiene del sonno, di che si tratta? Quali sono le regole per prepararsi ad un buon sonno ristoratore?
Non abbiamo ancora un quadro completamente definito dei fattori “predisponenti” (i.e., all’interno del cosiddetto Modello delle 3P per l’insonnia)11.
Di sicuro, vanno elencati fattori di ordine diverso: genetici (sono stati individuati specifici geni associati allo sviluppo di insonnia), fisiologici (elevato livello di attivazione del sistema nervoso autonomo) e di personalità (tendenza al perfezionismo, stile cognitivo improntati alle ruminazioni…). Ovviamente, a questi fattori di rischio vanno aggiunti il genere femminile e l’età avanzata.
Quando si parla di igiene del sonno si intende quell’insieme di comportamenti salutari che si devono adottare per favorire un buon sonno e prevenire eventuali disturbi del sonno che possono insorgere nel corso della vita. Le regole del sonno sono una delle strategie per approcciarsi anche alle insonnie12 e prevenire disturbi del sonno nei normo-dormitori. La lista è lunga.
Per prima cosa vanno evitate, prima di mettersi a letto, tutte le sostanze stimolanti (caffè, tè, alimenti che contengono caffeina, energizzanti, farmaci come i simpaticomimetici, nicotina, etc.) e va evitato di assumere alcol che deprime e peggiora le normali funzioni respiratorie durante il sonno. Cercare per quanto possibile di mantenere una certa regolarità negli orari di addormentamento e risveglio, siamo animali circadiani ricordiamolo sempre. E’ sconsigliata la sera un’eccessiva assunzione di cibi e di liquidi; sconsigliata anche l’assunzione di snack dopo cena. L’attività fisica va assolutamente evitata nelle ore serali in quanto stimolante. Cercare di evitare attività lavorative e stressanti di sera e di notte, così come va evitato l’uso del computer, del tablet, dello smartphone, della televisione e dei videogiochi che hanno un doppio effetto negativo: rimandano l’addormentamento da un lato dall’altro questi dispositivi sopprimono la secrezione spontanea della melatonina che è strettamente legata al buio13.
Luigi De Gennaro, segretario AIMS e coordinatore della Commissione Divulgazione AIMS
Riferimenti bibliografici:
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