Il significato del sonno

13 Nov 2019 ARTICOLI

Qual è il significato del sonno?

IL SONNO HA UNA FUNZIONE VITALE:
LO SUGGERISCE LA SUA CONSERVAZIONE IN TUTTE
LE SPECIE ANIMALI

Una nuova osservazione sottolinea come il sonno possa essere paragonato a un alacre “spazzino”. Esso infatti ripulirebbe infatti il cervello dalle molteplici e potenzialmente tossiche sostanze di scarto del metabolismo prodotte durante la veglia.

L’originale interpretazione in merito al significato del sogno deve ora fare i conti con la teoria “Synaptic Homeostasis Hypothesis” (SHY), di Giulio Tononi e Chiara Cirelli dell’Università del Wisconsin negli USA. Secondo tale teoria il sonno è il prezzo che gli esseri viventi devono pagare per garantirsi la plasticità del cervello. E con l’ipotesi alternativa di Jan Born, neuropsichiatra all’Università di Tubinga, secondo la quale il riposo notturno sarebbe una fase di consolidamento delle memorie, un momento di attiva rielaborazione di ciò che si è appreso durante la veglia. A quale delle tre spiegazioni dare credito? L’una non esclude necessariamente l’altra. Con ulteriori esperimenti si potrebbe infatti trovare il modo di collegarle tra loro. 

Milano, 31 ottobre 2013. 

Uno dei più grandi misteri della biologia è quello di trovare il significato del sonno, ed in particolare una spiegazione al perché il sonno ci ristora. Ma anche, al contrario, perché la sua mancanza danneggi le funzioni del nostro cervello. La deprivazione del riposo notturno influenza infatti negativamente le nostre capacità d’apprendimento e le nostre performances cognitive e prolunga i tempi di reazione.

Nei casi più estremi, quando l’insonnia dura mesi e anni, numerosi sono gli effetti collaterali che comporta, dal sovrappeso all’ipertensione, dai disturbi cardiovascolari a una minore efficienza del sistema immunitario.

Una possibile chiave di lettura del perché il dormire sia così essenziale, l’hanno data di recente i ricercatori delle Università di New York e del Rochester Medical Center negli Stati Uniti. <<Secondo i risultati ottenuti, il sonno avrebbe la funzione di “ripulire” il cervello, velocemente e in modo efficiente, da prodotti di degradazione dell’attività delle cellule che potrebbero innescare danni irreversibili ai neuroni e alla capacità di comunicare tra loro>>, ci spiega Simone Sarasso, neuroscienziato al Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche dell’Università degli Studi di Milano. 

Un nuovo potenziale meccanismo alla base del significato del sonno

Ma come fa il cervello a rimuovere questa sorta di “spazzatura” che esso stesso produce durante il giorno? Sebbene il cervello manchi di un vero e proprio sistema linfatico, al suo posto esiste un fluido cerebrale che porta via le sostanze di scarto.

Ebbene, gli scienziati americani hanno osservato che il suo volume aumenta durante il riposo notturno. Inoltre, per fargli posto in concomitanza cresce pure del 60 per cento lo spazio interstiziale, cioè quello che si trova tra un neurone e l’altro.

Se si dovesse pertanto riscrivere il significato del sonno alla luce di questa nuova interpretazione, esso si potrebbe definire quel processo che modifica in parte la struttura del cervello in modo da lasciare spazio al liquido “pulitore” di svolgere il proprio lavoro. 

Una funzione universale

Questa conclusione è il frutto di una serie di esperimenti sui topolini da laboratorio, monitorati con appositi strumenti nelle fasi di veglia e di riposo. Essa può tuttavia essere estesa anche agli uomini, poiché il sonno è una funzione universale che si avvale in tutte le specie animali di un orologio interno, sebbene tarato su ritmi diversi, e che coinvolge simili  meccanismi di regolazione.

E’ questa tuttavia la spiegazione più autentica del significato del sonno? <<I ricercatori americani che l’hanno formulata sono molto cauti nel dare una risposta affermativa a questa domanda e sostengono che al momento si tratta solo di una prima osservazione e che come tale deve essere oggetto di ulteriori studi>>, ci dice Simone Sarasso.

Altre ipotesi volte a definire che cos’è il sonno si sono infatti avvicendate negli anni. Una di queste è alla base della teoria SHY (Sinaptic Homeostasis Hypotesis) di Giulio Tononi e Chiara Cirelli dell’Università del Wisconsin. Tale teoria che sostiene come il sonno sia un costo evoluzionistico che gli esseri viventi devono pagare per adattarsi all’ambiente e per evitare che le proprie capacità di apprendimento subiscano una saturazione.

Se al mattino si è pertanto in grado di imparare, ricordare e aggiungere nuove nozioni al proprio bagaglio di conoscenze, lo si deve al riposo notturno. A quel processo essenziale che resetta e riporta a uno stato di base le sinapsi. Ovvero, i punti di contatto tra i neuroni attraverso cui essi comunicano, che durante la veglia si rafforzano, si moltiplicano e prendono sempre più spazio. 

A protezione della neuroplasticità

Durante il giorno, quando la mente è in piena attività, i contatti tra i neuroni si moltiplicano e le sinapsi aumentano di numero e di dimensioni. Se non ci fosse il sonno, si andrebbe incontro a una saturazione di spazio, a una infinita lievitazione della spesa energetica per mantenere i neuroni in uno stato super-eccitato e a un aumento di un certo rumore di fondo. Questo farebbe distinguere con difficoltà i segnali importanti da quelli che non lo sono. In altre parole si andrebbe verso una diminuzione della nostra capacità d’apprendimento.

Come riportare l’intero sistema a uno stato iniziale? “Sgonfiando” le sinapsi. Poiché i neuroni dialogano tra loro facendosi percorrere da potenziali elettrici, i ricercatori Tononi e Cirelli hanno osservato che durante il riposo notturno cambia la loro modalità di scarica. <<Si passa infatti da una modalità di scarica “tonica” caratteristica della veglia, a una modalità di scarica a “sprazzi” tipica della notte in cui i neuroni si depotenziano con una ciclicità di una volta al secondo>>, precisa Simone Sarasso. Se queste scariche fossero udibili, durante il giorno ci perverrebbe un gran rumore: ogni neurone emetterebbe infatti un suono diverso. Poiché nel sonno il ritmo muta, si assisterebbe a una musica suonata da un’orchestra. Tutti i neuroni emetterebbero all’unisono la stessa nota, in modo intermittente e con una tonalità decrescente. 

Il sonno e i geni

Attualmente i ricercatori stanno cercando di trovare il meccanismo cellulare che sottende la teoria SHY. Tale teoria ha tuttavia ricevuto un importante supporto dai recenti studi eseguiti sul moscerino della Drosophila melanogaster. Secondo i risultati ottenuti da questi ultimi esperimenti, il sonno funzionerebbe da regolatore di determinati geni fondamentali per la plasticità che di giorno sono attivati e di notte disattivati: al loro posto sarebbero invece espressi geni che favoriscono il depotenziamento delle sinapsi. Le teorie sul sonno non sono tuttavia finite qui.

Meritevole di essere citata è quella di Jan Born, che è alternativa a quella di Tononi e Cirelli. Se quest’ultima sostiene che il riposo notturno riporta a uno stato basale i rapporti tra le sinapsi, l’ipotesi del neuroscienziato tedesco afferma che il sonno è una fase di laboriosa attività dei neuroni. Ovvero, consolida le memorie, rielabora gli schemi cerebrali appresi nella veglia e fa ripassare abilità già fatte proprie. Proprio perché non si interagisce con l’ambiente esterno, il riposo notturno è un ottimo momento di attiva costruzione.  Le due teorie potrebbero essere due facce della stessa medaglia. <<Entrambe sono plausibili>>, aggiunge Simone Sarasso. <<Esse sono infatti co-presenti negli organismi viventi e volte a migliorare il benessere del nostro sistema nervoso centrale>>.  

Un articolo di Manuela Campanelli, biologa e giornalista professionista

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