Il ritmo circadiano e suoi disturbi
Cosa accade quando il nostro orologio biologico non è più sincronizzato con il ciclo luce-buio? all’interno di questo articolo verranno descritti il ritmo circadiano e i suoi disturbi, al fine di comprenderne le diverse possibili manifestazioni.
Cosa sono i disturbi del ritmo circadiano?
Quali sono i disturbi del ritmo circadiano?
Sindrome da fase di sonno ritardata
Sindrome da fase di sonno anticipata
Cosa sono i disturbi del ritmo circadiano?
Il sonno e la veglia possono essere considerati come due stati, in continuo tra loro, integrati all’interno di un unico ritmo: il ritmo sonno-veglia.
L’alternanza tra il sonno e la veglia è regolata da diversi meccanismi. Tra questi un processo omeostatico che tiene traccia della necessità di sonno in proporzione alla durata dello stato di veglia precedente, e un processo circadiano, che sovrintende alla distribuzione temporale della veglia e del sonno, con la determinazione di finestre permissive di maggior propensione all’uno o all’altro stato.
Nei mammiferi, tra cui l’uomo, il centro del controllo circadiano è localizzato in una struttura cerebrale definita nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo. Tale nucleo svolge azione di pace-maker in grado di regolare il sonno e altri ritmi biologici. In condizioni normali, l’attività di tale nucleo è influenzata dalle stimolazioni luminose provenienti dalla retina (durante il giorno) e dalla secrezione ipofisaria di melatonina (durante il periodo di buio). Queste ultime permettono di mantenere l’orologio interno dell’organismo in sintonia con il ciclo luce buio dell’ambiente esterno, adattando così il ritmo circadiano endogeno dell’essere umano, stimato attorno alle 25 ore, al ritmo esogeno che è invece tarato sulle 24 ore. Come è noto l’orologio endogeno è in grado di adattarsi, senza problemi, a quello esogeno quando la desincronizzazione temporale tra i due varia in un range di 1-2 ore.
I disturbi del ritmo circadiano, originano da una richiesta di sincronizzazione tra il ritmo circadiano endogeno e il ritmo esogeno, a cui il pace-maker rappresentato dal nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, non riesce a far fronte. Questo mancato allineamento temporale esita in una desincronizzazione tra il ritmo sonno veglia e i ritmi imposti dalle esigenze-sociali, con conseguente comparsa di fatica, scarse performance lavorative e scolastiche, disturbi del sonno tra cui soprattutto difficoltà di addormentamento o di risveglio agli orari desiderati.
Quali sono i disturbi del ritmo circadiano?
Le patologie del ritmo circadiano possono originare o da un’alterazione del pace maker endogeno (sindrome da fase di sonno ritardata, sindrome da fase di sonno anticipata, sindrome ipernictemerale) o da cause esterne (sindrome da jet-lag, sindrome da turnismo).
Sindrome da fase di sonno ritardata: I soggetti affetti presentano un abituale periodo di sonno ritardato, in genere di più di due ore, rispetto agli orari convenzionali. Si verificano pertanto difficoltà di addormentamento e risveglio agli orari normali con tendenza a collocare l’ addormentamento tra le 3:00 e le 6:00 e il risveglio tra le 12:00 e le 15:00. Questo determina una conseguente deprivazione ipnica, legata alla necessità comunque di un risveglio agli orari convenzionali per adempire a obblighi sociali o lavorativi. Il paziente si lamenta di andare a letto presto senza riuscire a prendere sonno e/o di dormire a lungo il mattino. Se viene permesso a questi soggetti di seguire la loro naturale propensione al sonno si osserverà un periodo di ipnico posticipato ma sostanzialmente normale per durata e stabilità. Tale patologia inizia più spesso nell’adolescenza e può associarsi ad abuso d’alcol e/o sedativi spesso usati per tentare di modificare la fase di sonno.
Sindrome da fase di sonno anticipata: in questi soggetti si verifica una tendenza ad anticipare di alcune ore gli orari di addormentamento e di risveglio rispetto al setting convenzionale. Questo disturbo si caratterizza quindi per comparsa di sonnolenza nelle ore serali, inizio dell’addormentamento anticipato tra le 18:00-21:00 e risveglio anticipato al mattino, tra le 1:00-3:00. Anche in questo caso se il soggetto viene lasciato libero di seguire la propria propensione al sonno manifesta un periodo di sonno normale per durata e stabilità. Questo disturbo è più tipico di soggetti anziani.
Sindrome ipernictemerale: è la pù rara, tra i disturbi del ritmo circadiano da alterazione del pace-maker endogeno, e di norma coinvolge i soggetti ciechi dalla nascita o con lesioni del tratto retino-ipotalamico. I soggetto affetti da questa sindrome presentano cicli irregolari di secrezione di melatonina e cortisolo che portano ad un pattern di sonno tipicamente ritardato ogni giorno di 1-2 ore rispetto al giorno precedente. Questi soggetti dormono quindi secondo un ciclo di 25 o più ore, e questo fa si che ogni 3-4 settimane il periodo di sonno entra od esca di fase con gli orari sociali consueti. Quando la loro fase di sonno si colloca fuori da quella convenzionale essi manifestano sonnolenza diurna e sonno disturbato, quando invece si localizza nel setting normale il loro sonno appare sostanzialmente sovrapponibile a quello di un soggetto sano.
Le patologie del ritmo circadiano da alterazioni intrinseche del pace-maker circadiano sembrano avere una base genetica, sono stati, infatti, individuati almeno 10 geni che possono essere coinvolti nella genesi di tali disturbi.
Per definire i disturbi del ritmo circadiano da alterazione del pace maker endogeno è necessario dimostrare, tramite monitoraggio actigrafico associato a diario del sonno, uno spostamento in avanti o indietro stabile del periodo di sonno per almeno sette giorni.
L’approccio terapeutico è basato prevalentemente sulla cronoterapia, che consiste nel ritardare progressivamente la fase di sonno, di circa 3 ore per giorno, fino al raggiungimento di un orario di sonno corretto, che in genere si raggiunge in 5-7 giorni. Questo tipo di approccio terapeutico richiede una stretta collaborazione da parte del paziente. Inoltre l’esposizione del soggetto alla luce intensa, anche con l’ausilio di lampade specifiche, nelle ore del mattino (dalle 7 alle 9) nella fase di sonno ritardata, e verso le 17, nella fase di sonno anticipata, contribuisce in modo sensibile al buon risultato. Non vi è invece alcuna indicazione farmacologia per i casi puri, se si eccettua l’impiego della melatonina.
Sindrome da jet-lag: si verifica quando il soggetto effettua viaggi che lo conducono ad attraversare almeno due diversi fusi-orari. Questo disturbo deriva dalla difficoltà del soggetto ad adattarsi rapidamente al nuovo ciclo luce-buio con conseguente difficoltà di addormentamento, frequenti risvegli notturni, risveglio mattutino anticipato e sonnolenza diurna. Per sincronizzare gli orari individuali con quelli della nuova località occorrono in genere tempi discretamente lunghi. Si calcola che nei voli verso occidente il recupero avvenga in ragione di 90 minuti al giorno, mentre in quelli verso oriente in ragione di 60 minuti. La gravità della sindrome e la sua durata dipendono soprattutto dal numero di fusi orari attraversati, così se nella maggioranza dei casi i sintomi sono di breve durata con risoluzione spontanea in 2-3 giorni dall’arrivo nella nuova destinazione, essi possono perdurare anche per 7-10 giorni se il salto di fusi è stato cospicuo (8-12 ore), e la direzione è stata verso est.
Sindrome da turnismo: è paragonabile ad una condizione di jet-lag cronico in cui il soggetto sperimenta sintomi compatibili con insonnia nelle ore serali e sonnolenza diurna che spesso si associa ad irritabilità e fatica. Nel tempo questo ingenera una deprivazione cronica di sonno con peggioramento progressivo anche delle performances diurne. Questi sintomi derivano dal fatto che i lavoratori notturni svolgono i propri compiti in un momento temporale che è in conflitto con i segnali provenienti dall’orologio circadiano, che propenderebbero invece verso il sonno. Questa mancata corrispondenza contribuisce alla vigilanza ridotta e alle scarse prestazioni di lavoro durante il turno di notte, e ad un sonno diurno di recupero spesso inadeguato. Alcuni lavoratori si adattano bene a turni di notte, ma il loro orologio circadiano di solito non lo fa.
La terapia è rappresentata prima di tutto da una razionalizzazione degli orari dei turni e della loro rotazione che è preferibile sia o di breve durata (2-3 giorni) o prolungata di 21 giorni circa. A questa si può associare poi un miglioramento dell’igiene del sonno del paziente, con la programmazione di pisolini in orari strategici, la protezione del sonno di recupero diurno da influenze ambientali sfavorevoli e la fototerapia associata all’assunzione di melatonina. Quando sia invece richiesto un approccio farmacologico, si dovrà ricorrere a ipnoinducenti a breve emivita, ed eventuali promotori della vigilanza per la sonnolenza diurna.