Turni notturni tra i medici ospedalieri
TURNI NOTTURNI TRA I MEDICI OSPEDALIERI: COME RIPOSANO I NOSTRI CLINICI?
SAPERLO E’ IMPORTANTE ANCHE PER EVITARE ERRORI SU DIAGNOSI E TERAPIE
Coloro che ci assistono e ci curano in ospedale possono essere sottoposti a turni che mettono a dura prova la loro salute. I medici, come tutti i lavoratori turnisti, sono infatti spesso alle prese con due direttori d’orchestra. Uno che scandisce il ritmo del lavoro e l’altro che batte il tempo della società, della famiglia e dell’ambiente naturale in cui si vive. Il loro organismo non sa a volte quale seguire e mediare purtroppo non è facile. Per valutare l’influenza del turnismo sul loro sonno e sulla loro pratica clinica è stato realizzato il Progetto “Presomo”.
Sulla scia dell’esigenza americana di riorganizzare i turni notturni tra i medici ospedalieri, è partito questo studio sui medici italiani. Sebbene gli orari lavorativi dei nostri non siano paragonabili a quelli dei loro colleghi oltre oceano, è importante quantificare gli effetti determinati dall’alterazione del ciclo sonno-veglia.
Pisa, 15 novembre 2013 – Al via il progetto “Presomo”. Si propone di monitorare il sonno dei medici ospedalieri italiani. Questo al fine di capire l’influenza dei turni a cui sono sottoposti su salute e performance lavorativa. Coordinato dalla Commissione “Sonno e lavoro” dell’Associazione Italiana Medicina del Sonno (AIMS), ha finora arruolato tra le sue fila circa 200 medici provenienti da 8 centri italiani. Questo studio rilancia il problema dei turni di lavoro che attualmente sta coinvolgendo un numero sempre maggiore di nostri connazionali, non solo medici. <<Attualmente i turni interessano il 20 per cento della popolazione generale e il loro incremento è dovuto principalmente al fatto che non sono più svolti solo dagli operai o dagli addetti alle catene di montaggio, ma anche dai professionisti, per esempio dai broker delle banche. Nuovi impieghi che sfruttano l’interconnessione tra le varie nazioni del mondo stanno inoltre nascendo>>, ci aggiorna Michelangelo Maestri, dirigente medico al Centro di Medicina del Sonno dell’Unità Operativa di Neurologia e Neurofisiopatologia dell’Azienda ospedaliera universitaria pisana. Il risultato di questo fenomeno è che il 10% dei turnisti ha disturbi del sonno caratterizzati da sonnolenza diurna e da insonnia avvertiti in momenti inappropriati della giornata.
I ritmi biologici sovvertiti
Questi inconvenienti sopraggiungono perché il lavoro a turni obbliga il lavoratore a modificare il normale ciclo sonno-veglia. In particolare il turno notturno costringe addirittura a invertirlo, sincronizzato sulla regolare alternanza luce-buio che modula la cadenza temporale del nostro orologio biologico interno (pacemaker). <<Quest’ultimo riceve infatti informazioni dalla retina e a sua volta, attraverso le connessioni nervose del tronco encefalico, invia stimoli alla ghiandola pineale che secerne melatonina soltanto nelle ore notturne (ha un picco verso le 21) mentre viene inibita dalla luce del giorno>>, spiega Michelangelo Maestri. In altre parole i turni notturni tra i medici ospedalieri creano un conflitto tra il “pacemaker” interno e i “sincronizzatori” esterni (il più importante dei quali è l’alternanza luce-buio). L’organismo è chiamato a risolvere per adeguarsi al nuovo contesto temporale: le soluzioni trovate sono degli aggiustamenti fisiologici che attuano un progressivo spostamento di fase dei propri ritmi circadiani la cui velocità dipende da diverse variabili. E’ più rapido per esempio nella rotazione in senso orario (turno che inizia tardi alla sera) piuttosto che in quella in senso antiorario (turno che inizia presto al mattino) e nei giovani rispetto agli anziani ed è più evidente nei turni permanenti notturni che in quelli di uno o due giorni o in quelli settimanali nei quali si rincorre una sincronizzazione che non riesce mai a stabilizzarsi. Nel momento in cui si sta per raggiungerla si deve infatti cambiare il turno.
Turni notturni tra i medici ospedalieri: effetto negativo a cascata
I turni notturni tra i medici ospedalieri, richiedendo al lavoratore di essere sveglio e attivo in un periodo in cui l’organismo normalmente è deattivato o riposa, deprivano pertanto parzialmente il soggetto del sonno, lo forzano a impegnarsi in ore in cui le funzioni biologiche sono al minimo e alterano tutte quelle componenti che come il riposo notturno obbediscono a un ritmo circadiano, pressione arteriosa e secrezione di ormoni in primis.
Di conseguenza il benessere psico-fisico, oltre all’efficienza lavorativa, ne risente. La maggior parte dei turnisti non riesce per esempio a prendere sonno quando dovrebbe dormire. O ha un sonno diurno ridotto in durata o alterato nella sua normale organizzazione. Cioè carente per esempio di fase 2 (sonno leggero) e di sonno REM. Non recuperando adeguatamente il proprio riposo, la propensione al sonno aumenta (per addormentarsi bastano 2 minuti alle sei di mattina dopo una notte di lavoro contro i 10 minuti in media necessari alla sera) e con essa diventa più elevato il rischio di avere colpi di sonno e di conseguenza di fare incidenti stradali.
Le conseguenze del lavoro turnista
Lo stato di vigilanza e l’efficienza delle prestazioni psico-motorie peggiorano e la propria performance globalmente si riduce. <<Non va sottovalutato neppure l’effetto “accumulo”, determinato dall’aumentare dell’età, dalla durata nel tempo del lavoro a turni, dalla scarsa flessibilità alle modificazioni degli orari e dalla presenza di un doppio lavoro (lavoro a turni e pesante lavoro domestico), che può dare serie conseguenze nel medio-lungo termine>>, precisa Michelangelo Maestri. L’alterazione del ritmo sonno-veglia può infatti influenzare negativamente anche parametri sincronizzati su un periodo inferiore alle 24 ore (ultradiani). Come il battito cardiaco, le onde cerebrali e la moltiplicazione delle cellule o impostati su un periodo superiore alle 24 ore (infradiani) come il ciclo mestruale per esempio. Il lavoro a turni protratto negli anni può aumentare pertanto del 40% il rischio di andare incontro a un disturbo cardiovascolare, come angina pectoris, ipertensione o infarto. Può innalzare il rischio di avere un tumore (soprattutto al polmone o al seno) o di compromettere la salute mentale favorendo ansia e depressione; può aumentare l’incidenza di disordini gastrointestinali caratterizzati da dispepsia, dolore addominale; e nelle donne può alterare la funzione riproduttiva.
I rimedi da adottare
<<Si potrebbe però fare di più agendo sia a livello aziendale sia sul singolo lavoratore. Manca infatti l’educazione a rispettare norme di vita quotidiane che favoriscano l’adattamento ai turni notturni tra i medici ospedalieri >>, dice Michelangelo Maestri. Se la luce del giorno è il più importante sincronizzatore del ciclo sonno-veglia, anche gli orari dei pasti, i momenti di attività e riposo, i livelli d’illuminazione e gli orari sociali, lo influenzano. <<In alcuni casi per tenere sotto controllo gli effetti negativi della turnazione basterebbe contenere per esempio l’esposizione alla luce indossando un paio di occhiali scuri dopo un turno di notte, cercare di mangiare poco e spesso invece di voler a tutti i costi pranzare negli orari scelti dai propri famigliari, non assumere caffè nelle cinque ore precedenti il sonno e concedersi un pisolino prima o dopo il turno>>, consiglia Michelangelo Maestri.
Le raccomandazioni pratiche
E’ inoltre bene seguire le terapie prescritte dal medico (melatonina o sonnifero a breve emivita nel caso in cui il turno comporti notti consecutive) e rispettare gli orari del sonno dettati dalla turnazione anche nei fine settimana. Evitare rumori fastidiosi che impediscono l’addormentamento. Non praticare ginnastica e sport nelle ore precedenti il sonno e alimentarsi in modo corretto sono inoltre abitudini da adottare. Prima del turno prediligere poi i cibi proteici come carne e pesce e riservare i carboidrati che favoriscono l’addormentamento alla fine del turno. Non fumare e non bere bibite gassate o alcoliche e soprattutto non mettersi alla guida dopo una notte insonne ma usare i mezzi pubblici è vivamente consigliato. Se si è sonnolenti non è sufficiente infatti abbassare il finestrino o tenere la radio accesa, ma occorre fermarsi e dormire.
Un articolo di Manuela Campanelli, biologa e giornalista professionista
Approfondimenti utili nel sito:
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