Il sonno e i turni: dormire durante il turno di notte

13 Nov 2019 ARTICOLI

DORMIRE DURANTE IL TURNO DI NOTTE: LA SCORRETTA GESTIONE DEL SONNO E’ SPESSO
UNA QUESTIONE DI CULTURA

A chi lavora nel cuore della notte, o va a letto molto tardi o si sveglia assai presto a causa del proprio impiego, si aggiunge un folto esercito di persone che i turni se li autoimpone. Per alcuni sono indispensabili, come per le mamme con bambini che non dormono in modo regolare. Per altri sono del tutto voluttuari. E’ il caso di chi frequenta bar o discoteche a oltranza, di chi fa sport investendo ore serali e di chi usa mezzi elettronici, Internet in primis, senza limiti di tempo. Colpa dei Comuni e di chi gestisce locali e palestre. Ma parte della responsabilità va anche a noi stessi che abbiamo contribuito a creare quella che oggi è definita “la società delle 24 ore”.  

Rispetto ai nostri antenati dormiamo in media due o tre ore in meno per notte. Complice la luce elettrica, che ci rende attivi anche nelle ore di buio prima dedicate esclusivamente al riposo, e l’arrivo della TV e dei mezzi di comunicazione informatici che ci hanno dato un’opportunità in più per allontanarci dal giusto modo di gestire il nostro sonno. 

La parola all’esperto

Parma, 15 ottobre 2013 – Si fa sempre più fatica a far rientrare il proprio sonno entro i confini di uno schema regolare. Nei migliori dei casi si sforano una o due notti alla settimana o nei fine settimana e in quelli peggiori non si rispettano mai. <<E i motivi sono davvero tanti>>, ci dice Maria Cristina Spaggiari, neurologa e  sonnologa al Centro di Medicina del Sonno di Parma. <<Molte persone non conoscono per esempio l’importanza del riposo notturno e lo vivono pertanto come l’ultima delle priorità, come una specie di tempo perso rispetto alle altre attività>>. In altre parole ci si dimentica spesso di essere stati programmati per dormire la notte e di avere ritmi circadiani interni che regolano con molta precisione il momento in cui il nostro cervello inizia ad addormentarsi perché ha bisogno di riposare e il momento in cui si risveglia per tornare a essere pienamente attivo. E di conseguenza ci si scorda anche di essere stati impostati da Madre Natura per dormire un certo numero di ore. Non per tutti sono le stesse, beninteso. Esiste infatti un’influenza genetica per cui molti individui hanno necessità di dormire anche 10 o 11 ore per notte per essere completamente riposati e altri per cui 5 o 6 ore sono più che sufficienti.      

Un problema sociale

La deprivazione di sonno sembra dunque affondare le sue radici in una questione culturale. Questo spiega anche alcune incongruenze di determinati ambiti sociale, come per esempio la scuola. Diversi esperti anche internazionali puntano il dito sugli adolescenti e gli orari troppo mattutini d’inizio delle lezioni. In linea con ciò si propongono fasce di studio più flessibili e consone alla loro età. <<I teen-agers  hanno infatti bisogno di dormire molte ore. Nello stesso tempo sono fisiologicamente predisposti ad addormentarsi tardi>>, ci spiega Maria Cristina Spaggiari. <<E’ normale che facciano fatica ad alzarsi al mattino presto per andare a scuola e che siano sonnolenti e “rimbambiti” durante le prime ore>>.    

I turni di lavoro

Gravati da un aspetto culturale e da uno dettato dalla necessità sono i lavori che dividono la giornata in tre turni e che coinvolgono non solo la notte ma impongono anche un shift, cioè il continuo bisogno dell’organismo di adattarsi a orari sempre diversi di riposo e di attività. <<I turnisti completi, coloro che si alternano su tre turni di lavoro, è come se vivessero costantemente su un aereo che oltrepassa molti fusi orari e che ritorna e riparte senza sosta>>, dice Maria Cristina Spaggiari. <<Il loro cervello e il loro organismo sono pertanto sottoposti a uno stress molto pesante che nel tempo causa inevitabili conseguenze all’equilibrio psichico e alle funzioni fisiologiche soprattutto di tipo ormonale>>. A essi si aggiungono persone che hanno orari anomali di lavoro. Non sono turnisti veri e propri ma fanno lavori che comportano per esempio un risveglio molto precoce, come i fornai, o un ritardato allettamento, come per esempio i baristi, i camerieri, le ballerine di un night, e più in generale chi lavora nel mondo del ricreativo-voluttario. Non vanno dimenticati neppure i lavoratori che hanno una reperibilità notturna, dai medici ai farmacisti ai tecnici della telefonia per esempio. Costoro, anche se dormono nel proprio letto, sanno che da un momento all’altro potrebbero essere chiamati. Vivono pertanto di notte una situazione di pre-allarme che non fa avere loro un sonno riposante e di buona qualità.

I turni in famiglia

L’attuale crisi economica può inoltre creare turni in contesti dove fino a qualche anno fa non erano necessari. Il bisogno di lavorare di più per sbarcare il lunario comporta per esempio in alcuni casi una faticosa “staffetta” tra moglie e marito per alternarsi per più tempo alla stessa attività o per agganciare impieghi di poche ore a complemento del lavoro principale. Una strategia questa che sposta spesso la cura della casa e della propria persona agli orari serali, posticipando l’inizio del sonno. Se poi in famiglia ci sono bambini piccoli il problema s’ingigantisce. Non di rado capita che un neonato abbia difficoltà a trovare il giusto ritmo sonno-veglia e che per diversi mesi, e a volte per alcuni anni, pianga o chiami di notte obbligando i genitori ad alzarsi per tranquillizzarlo. <<Il risultato è una deprivazione cronica di sonno che, se s’innesca subito dopo il parto, può causare anche una psicosi post-partum con conseguenze potenzialmente devastanti soprattutto per le madri>>, dice Maria Cristina Spaggiari. <<Inoltre, capita spesso che dopo anni di notti caratterizzate da un sonno mordi e fuggi il bambino inizi a dormire in modo normale mentre il genitore rimane insonne cronico: dopo il cattivo condizionamento ai risvegli multipli, il suo cervello ha perso la capacità di seguire un ritmo sonno-veglia fisiologico e quando la causa delle “alzatacce” viene a mancare il sonno resta disgregato>>. 

Le abitudini voluttuarie

Ai primi posti tra i deprivati di sonno ci sono tuttavia i frequentatori non occasionali di bar e di discoteche. Se un tempo s’iniziava a ballare alle 22.00 ora non s’incomincia prima dell’una di notte. Una responsabilità importante ce l’hanno senz’altro i gestori dei locali a cui sono demandati gli orari di apertura e di chiusura. Anche i Comuni fanno la loro parte per esempio nell’alimentare il problema della movida, cioè della vita ludica serale stemperata nelle strade in genere del centro città che porta chiasso fino a tardissima ora. <<Gli abitanti delle aree coinvolte sono spesso devastati: anche con le finestre chiuse il livello di decibel all’interno delle case supera di gran lunga il consentito per il riposo. Non di rado a noi medici capita di seguire pazienti che sono costretti ad assumere psicofarmaci perché “vittime” di questa situazione>>, ci aggiorna Maria Cristina Spaggiari. Non da meno è l’inquinamento acustico dovuto al traffico stradale, significativo in alcune zone anche durante la notte, al lavaggio-strada svolto con macchine spesso molto rumorose o al passaggio di aerei e treni. 

Pericolose conseguenze

La sonnolenza diurna è il primo effetto collaterale della deprivazione di sonno, a sua volta causa di distrazioni, imprecisioni ed errori che possono provocare per esempio incidenti alla guida o sul lavoro. <<Si pensi ai camionisti con un debito di sonno che viaggiano per molte ore portando carichi spesso anche pericolosi o ai disastri ambientali tipo quello di Chernobyl dovuto con molta probabilità alla sonnolenza degli addetti notturni>>, ci ricorda Cristina Spaggiari. Il fatto di non dormire a sufficienza si può complicare con disturbi cognitivi, come per esempio una minor concentrazione e memoria, e con conseguenze fisiche. Sotto la pressione della deprivazione di sonno il nostro organismo è come se invecchiasse più precocemente. E’ maggiormente incline all’obesità, al diabete e all’ipertensione nonché ad avere malattie cardiovascolari e il suo sistema immunitario diventa meno efficiente con il risultato che ci si ammala di più. 

Un articolo di Manuela Campanelli, biologa e giornalista professionista

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