Ricordare i sogni

13 Nov 2019 ARTICOLI

RICORDARE I SOGNI: UN GRUPPO DI NEUROSCIENZIATI HA INDAGATO SU COME I SOGNI A VOLTE CI RITORNANO IN MENTE E COME A VOLTE LI DIMENTICHIAMO

Il Natale e le prossime feste realizzeranno i desideri di molti bambini e faranno ripensare alla propria infanzia diversi adulti. Daranno momenti ed emozioni che una volta archiviati in memoria potranno essere ricordati – ne più e ne meno – come i nostri sogni. Ricerche italiane hanno infatti scoperto che i meccanismi utilizzati dal cervello per riportare questi ultimi alla mente sono gli stessi di quelli impiegati per rievocare fatti accaduti durante la vita di tutti i giorni. Segno che la chiave d’accesso ai ricordi di episodi è la medesima sia nella veglia e sia nell’esperienza onirica notturna. 

I medici della Medicina del Sonno possono oggi predire se il sogno fatto si ricorderà. Il suo recupero dalla memoria a lungo termine dipende infatti dalla aumentata frequenza di precise oscillazioni di onde lente. Queste sono le onde tetha, originate nell’area frontale durante il sonno REM (Rapid Eye Movement) e onde più rapide (alpha) provenienti dall’area temporale destra durante il sonno non-REM (non-Rapid Eye Movement). 

Bologna, 31 dicembre 2013 – Tutti noi facciamo sogni anche se solo a volte ricordiamo il loro contenuto. Una domanda è dunque lecita: che cosa ci consente di essere dei “buoni” rievocatori?. Ovvero, capaci di riportare tre o più sogni alla settimana, piuttosto che dei “cattivi” rievocatori in grado di riferire meno di un sogno al mese?  <<La motivazione, o anche solo la curiosità, di ricordarli e l’assenza di pensieri o attività interferenti subito dopo il risveglio>>, dice Carlo Cipolli, professore ordinario di Psicologia Generale alla Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università di Bologna.  <<Se queste due condizioni si verificano è sufficiente al risveglio concentrarsi sulle ultime immagini che l’attività onirica ci rimanda e iniziare da qui a ripercorrerle in modo retrogressivo, vale a dire andando indietro con la mente: a poco a poco la trama del sogno con tutti i suoi attori e scenari comincerà a prendere forma e su di essa si potrà imbastire un resoconto>>.

La consapevolezza del sogno si può aumentare

Ricordare un sogno può essere dunque un gioco di pazienza, oltre che il risultato di un allineamento. Non a caso si riescono a rivivere maggiormente quelli avuti durante un fine settimana piuttosto che nei giorni lavorativi. Questo perché si ha più tempo per farli riemergere dalla memoria. Il buon senso non è però la sola guida. Due requisiti sembrano essere fondamentali per ricordarli. Il primo è essere svegliati bruscamente da una sveglia o da un rumore. Se per esempio fossimo invitati a dormire in un laboratorio di Medicina del Sonno e destati con un risveglio provocato, tutti noi avremmo molto più frequentemente resoconti dell’attività onirica da riferire ai medici. Il secondo è non avere pensieri o attività interferenti subito dopo il risveglio. Se infatti la prima preoccupazione è accompagnare il proprio figlio a scuola, ecco che la dinamica del sogno s’interrompe. <<Si è infatti abbondantemente dimostrato che se ai volontari fatti dormire in laboratorio s’impartisce un compito da eseguire subito dopo il risveglio, per esempio compiere una telefonata, accendere la radio, consultare il meteo sul web o contare all’indietro (per es., togliere 7 partendo da 394 e poi procedere velocemente), il ricordo dei loro sogni svanisce: se si chiede loro se hanno sognato, la risposta rimane affermativa, ma non riescono a ricordare cosa>>, spiega Carlo Cipolli.  

Ricordare i sogni: una via comune

Le interferenze che ci impediscono di ricordare i sogni sono tuttavia le stesse che condizionano anche i compiti svolti nella veglia. Se per esempio si riceve una telefonata mentre si lavora, spesso si perde il filo logico dell’argomento su cui si era concentrati.

Allo stesso modo se svolgiamo contemporaneamente più attività, la nostra mente si focalizza preferibilmente su una di queste in particolare. I sogni dal loro canto condividono molte caratteristiche con i fatti successi nella veglia. I loro contenuti, i fenomeni che possono disturbarli e il fatto che entrambi vengono archiviati nella memoria a lungo termine.

Non a caso un evento accaduto durante il giorno può far venire in mente una parte di un sogno della notte precedente.

Anche i meccanismi cerebrali che consentono di ricordare i sogni sono gli stessi di quelli che permettono di recuperare dalla memoria gli episodi successi nella veglia? I risultati di uno studio, pubblicato sulle pagine del Journal of Neuroscience ed eseguito dai ricercatori del dipartimento di Psicologia dell’Università Sapienza di Roma e dell’Associazione Fatebenefratelli per la Ricerca assieme ai team delle Università de L’Aquila e di Bologna, ha risposto affermativamente a questa domanda. A quanto pare entrambi condividono una base cognitiva comune. 

L’indizio del ricordo

Alla prima evidenza di una via comune utilizzata dal nostro cervello per ricordare episodi avvenuti nei diversi stati della nostra coscienza, quindi sia in sonno e sia nella veglia, si è in realtà giunti attraverso un cammino a più tappe.

I neuro-scienziati hanno infatti supposto che esistesse un marcatore neurofisiologico che potesse predire se un sogno fatto durante la notte si sarebbe ricordato la mattina dopo. Per verificare questa ipotesi hanno arruolato 65 studenti motivati. Li hanno divisi in due gruppi e li hanno fatti dormire in un laboratorio di Medicina del Sonno. I primi venivano svegliati volutamente durante il sonno REM mentre i secondi nel sonno non-REM, precisamente nella fase 2 del sonno profondo.

Ebbene, i dati ottenuti dalla polisonnografia che ha monitorato il loro riposo hanno permesso di arrivare a un’interessante conclusione: se 30 secondi immediatamente prima del risveglio in fase REM si osserva un incremento di oscillazioni di onde lente( theta) nell’area frontale  ci sono più elevate probabilità che il soggetto fornisca un resoconto del proprio sogno.

Allo stesso modo se poco prima di destarsi durante la fase non-REM si assiste a un aumento di oscillazioni di onde più rapide (alpha) nell’area temporale destra, il risveglio è molto spesso seguito dal riassunto di un sogno.

Studi successivi hanno dimostrato che una prevalenza di queste onde alpha è presente anche nei “buoni” rievocatori, e si riscontra pure quando il risveglio è spontaneo e persino negli individui coinvolti in compiti impegnativi di memoria durante la veglia. Segno che il nostro cervello si avvale di meccanismi simili per estrarre informazioni dalla memoria sia in sonno che in veglia, indipendentemente dal nostro stato di vigilanza.  

Un articolo di Manuela Campanelli, biologa e giornalista professionista

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